La verità sulla fine della Dc per riprendere a fare politica

Se De Gasperi seppe porsi come argine al populismo e al qualunquismo di quel tempo, oggi spetta ancora ai cattolici democratici, liberali e cristiano sociali concorrere alla costruzione del nuovo centro politico.

di Ettore Bonalberti

 

Ci sono molte iniziative di associazioni, movimenti, partiti, interessati alla costruzione di un nuovo centro politico dell’Italia, con particolare attività nella vasta e complessa area culturale e sociale cattolico popolare: democratica, liberale e cristiano sociale. È prioritario il tema della ricomposizione politica di quest’area, considerata quanto mai necessaria per sviluppare un più ampio movimento politico alternativo alla destra nazionalista e sovranista, egemonizzata da Fratelli d’Italia, e al populismo grillino, distinto e distante dalla sinistra alla ricerca affannosa della propria identità che, con la segreteria Schlein, ha assunto sempre più distintamente quella di un “partito radicale di massa”. Non saranno certo gli eredi della quarta e ultima generazione democratico cristiana, che potranno assumere un ruolo da protagonisti, considerata l’età avanzata di noi tutti, consapevoli che possiamo solo fornire dei buoni consigli, visto che non siamo nemmeno più in grado, fortunatamente, di offrire dei cattivi esempi. Il nostro ruolo, e dovremmo esserne tutti realisticamente consapevoli, può solo essere quello dei traghettatori, capaci di consegnare il testimone a una nuova generazione di donne e di giovani interessati a portare avanti gli interessi e i valori ispirati dai principi della dottrina sociale cristiana e della carta costituzionale repubblicana.

Se per la nostra generazione la nostalgia è in larga parte il sentimento che ha animato e sostiene la volontà di continuare a batterci, ai giovani delle nuove generazioni che si sono succedute, dopo la fine della Dc, molti dei quali testimoni dei disastri della nostra diaspora politica (1993-2023), è invece indispensabile spiegare a loro che cosa sia veramente successo negli anni che portarono alla fine ingloriosa della prima repubblica. Abbiamo sintetizzato in questi punti le ragioni della fine della Dc: la Dc è finita per aver raggiunto il suo scopo sociale: la fine dei totalitarismi di destra e di sinistra contro cui si era battuto il movimento dei cattolici in un secolo di storia; la Dc è finita per il venir meno di molte delle ragioni ideali che ne avevano determinato l’origine, sopraffatta dai particolarismi egoistici di alcuni che, con i loro deteriori comportamenti, hanno coinvolto nel baratro un’intera esperienza politica; la Dc è finita per il combinato disposto mediatico giudiziario che l’ha travolta insieme agli altri partiti democratici e di governo della Prima Repubblica; la Dc è finita quando sciaguratamente scelse la strada del maggioritario, per l’iniziativa improvvida di Mariotto Segni, auspice De Mita in odio a Craxi e Forlani, abbandonando il tradizionale sistema proporzionale che le garantiva il ruolo centrale dello schieramento politico italiano.E, soprattutto, ed è la cosa più grave e incomprensibile, la Dc è finita senza combattere. Con una parte, quella anticomunista, messa alla gogna giudiziaria, e quella di sinistra demitiana succube e imbelle, alla mercé dei ricatti della sinistra giustizialista. E finivamo affermando che “la Dc è finita e nessuno sarà più in grado di rifondarla”, consapevole che la nostalgia, nobile sentimento romantico, ma regressivo sul piano politico, culturale ed esistenziale, può rappresentare un fattore servente, forse necessario, ma, certo, non sufficiente per ricostruire alcunché.

Alla fine della Dc concorsero pure alcune nostre gravi colpe e inadempienze:

  • la mancanza di una vera trasmissione della fede e dei valori nel costruire la città dell’uomo (scarsa applicazione laica della Dottrina sociale della Chiesa);
  • la mancanza di sostegno forte alla famiglia specie a quelle con più figli;
  • la mancanza di riconoscimento sociale alle casalinghe;
  • la mancanza di formazione dei giovani nella fede religiosa, nella passione e fede politica;
  • la quiescenza nei confronti della criminalità organizzata;
  • la tiepida lotta alla corruzione dei politici e dei burocrati, nella quale concorsero, ahimè, anche molti amici del nostro partito;
  • la tiepida lotta all’evasione fiscale;
  • la scarsa cultura per la responsabilità, per la meritocrazia e le difficoltà nel ricambio del ceto politico;
  • l’eccesso di sprechi per creazione di enti inutili;
  • il cumulo esagerato di incarichi pubblichi;
  • la poca attenzione a sostenere programmi per la ricerca e l’innovazione, ma solo finanziamenti a pioggia per progetti talora fasulli e opere mai completate;
  • i pochi o nessun investimento su risorse della PA da mandare all’UE;
  • lo scarso utilizzo dei fondi europei senza follow up sui finanziamenti ottenuti dai progetti italiani;
  • gli enormi investimenti senza controllo nella Cassa del Mezzogiorno;
  • l’eccesso di appiattimento nell’accettare e condividere le richieste dei comunisti con gravi oneri per le finanze pubbliche

Insomma abbiamo consapevolezza delle nostre colpe, dei nostri errori e dei nostri limiti e, non a caso, dopo quell’esperienza è arrivata la diaspora e la frantumazione dei democratici cristiani nelle piccole formazioni a diverso titolo ispirate alla Dc.

 Siamo, però, convinti che sia indispensabile approfondire le ragioni più profonde geo politiche e economico-finanziarie internazionali che concorsero a determinare quella fine. È necessario compiere quello che non abbiamo saputo o non abbiamo voluto fare; un processo alla storia di quegli anni tormentati e drammatici, cercando di ricostruire i passaggi più dolorosi, chiedendoci: chi ha ucciso Aldo Moro? Chi ha ucciso politicamente amici autorevoli come Giulio Andreotti e Calogero Mannino? Perché Martinazzoli fece la scissione, sbagliando persino i modi giuridici del passaggio da Dc a Ppi? Perché alcuni dei nostri amici, come Casini e Mastella corsero in fretta alla casa di Berlusconi? Quanto al caso Moro, non v’è dubbio che alle tante ragioni messe in evidenza seppur non in maniera esaustiva dalle tante commissioni d’indagine parlamentari, furono alcune scelte di politica economica e finanziaria, destinate a indebolire il ruolo dominante dei poteri finanziari internazionali, le concause che spinsero il progetto di eliminazione del leader della Dc italiana.  Aldo Moro, infatti, stava ledendo con la sua zione politica gli interessi delle grandi famiglie luterane di origine tedesco orientali (Rothshild/ Rockfeller/J.P. Morgan) di cui Kissinger è membro e rappresentante, dato che intendeva:-cancellare con un colpo di penna, senza pagarlo, il debito di guerra del Tesoro italiano verso le banche (Casse di Risparmio) controllate dai Rothshild/ Rockfeller (J.P. Morgan).  Alla sua morte infatti il debito del Tesoro verso le Casse  di Risparmio non fu più cancellato con un colpo di penna e produce tuttora interessi; -stampare con le BIN (banche d’interesse nazionale che erano pubbliche) una prima tranche di 5 miliardi di euro di banconote cartacee da 500 lire per finanziare le opere pubbliche. Alla sua morte infatti le 500 lire in banconote cartacee non furono stampate dalle BIN;  -non voleva inoltre che Banca d’Italia fosse estromessa dall’acquisto dei titoli di Stato che rimanevano venduti . Alla sua morte, infatti, Banca d’Italia fu estromessa dall’acquisto dei BTP rimasti invenduti, l’Italia cedette al ricatto dei Rothshild/ Rockfeller “se vuoi  che ti compri i titoli di stato rimasti invenduti, pagami interessi”. E, sempre sul piano della geopolitica, andrebbe meglio studiato, quanto accadde nel 1992 sul panfilo Britannia. Scrisse al riguardo il compianto Marcello Di Tondo: Il modello di un capitalismo finanziario dominante, da importare in Italia sulla base di un accordo tra la sinistra post comunista e la massoneria internazionale, con il contributo di una serie di personaggi riconducibili alla cultura catto-comunista, fu definito, nel 1992, nel corso della poco conosciuta crociera che si svolse, appena al di fuori delle acque territoriali italiane, a bordo del Panfilo Britannia, di proprietà della regina Elisabetta II, cugina del Duca di Kent, Gran Maestro della Massoneria inglese. In quell’occasione (sapientemente ed intelligentemente tratteggiata da una intervista che Giulio Tremonti rilasciò al Corriere della Sera il 23 luglio 2005) fu stabilito un accordo tra i poteri massonici nazionali ed internazionali ed i post-comunisti, eredi diretti del Pci, sulla base del quale alla sinistra sarebbe andato il controllo economico e politico del Paese e alla massoneria il controllo economico e finanziario.

 Si mise così in moto un processo, conosciuto come “Mani Pulite” che spazzò via  in pochi mesi la Dc e i suoi alleati (Psi, Psdi,  Pri e Pli) che avevano governato il Paese sino ad allora, pur con evidenti limiti a partire dalla seconda metà degli anni 80, riuscendo nell’incredibile impresa di portare l’Italia, dalla desolazione di una nazione sconfitta e distrutta dell’immediato dopo guerra, al 5° posto tra le maggiori economie mondiali. Ma quei Partiti rappresentavano, in quel momento, l’ostacolo politico e istituzionale per la realizzazione di quel progetto. Contemporaneamente, fu accelerato il percorso di privatizzazione di banche e di società a controllo pubblico per oltre 100.000 miliardi di vecchie lire, processo preparato ed avviato, nei primi anni ‘90, dai Governi Ciampi e Amato. La variabile non prevista fu l’entrata in campo politico, alle elezioni del 1994, di Silvio Berlusconi che, rompendo gli schemi e gli accordi che erano stati siglati, sconvolse il quadro generale ed introdusse una forte ed imprevedibile variabile allo schema prospettato sul Britannia. 

Da quel momento, iniziò la sconvolgente persecuzione giudiziaria di Silvio Berlusconi.

 La storia vale la pena di essere conosciuta anche attraverso i tanti “dietro le quinte” del grande teatro mediatico che, in  tutto il mondo viene propinato all’opinione pubblica. Partire da questi fatti e spiegarli alle nuove generazioni credo sia l’impegno prioritario se si intendono cambiare le cose. Non c’è più tempo, in ogni caso, per restare nel ruolo di reggicoda della destra o della sinistra, ma di impegnarci sin dalle prossime elezioni europee e regionali, per liste unitarie dell’area Dc e Popolare. Se De Gasperi con la Dc seppe porsi come argine al populismo e al qualunquismo di quel tempo, oggi spetta ancora ai cattolici democratici, liberali e cristiano sociali, concorrere alla costruzione del nuovo centro politico in grado di riconquistare la fiducia dei ceti medi produttivi e delle classi popolari che, in larga parte, stanno disertando le urne a tutti i livelli istituzionali.




Il Punto

 

di amedeo massimo minisini

 

Questo “centro” se lo litigano in troppi. 

Tutti credono che inventandosi sigle, accordi e “ritorni” di diversamente giovani della politica, si possa recuperare quel ruolo dei cattolici popolari abbandonato da oltre vent’anni creando quella diaspora che tutt’ora resta e rappresenta l’eredità in micropartiti della DC, sciolta nel 1993 senza reale argomentazioni ma soprattutto senza la convocazione di quegli organi preposti a tale eventuale decisione, da quel Mino Martinazzoli che di fatto sancì il “tana libera tutti”.

Si è così assistito ad una fuga da quel qualcosa che non andava abbandonato.

Mastella, Pier Ferdinando Casini, i primi a raggiungere il neo leader Berlusconi. Publio Fiori, convincendo il segretario del Movimento sociale Italiano, Gianfranco Fini, contribuì alla creazione di Alleanza Nazionale con il Fiuggi uno e di fatto lo sdoganamento a sinistra del partito di estrema destra, la fiamma tricolore.

Altri, non meno autorevoli sono finiti nel nascente PPI (partito popolare, la Margherita) e altri piccoli partitini. Nascono così il CCD, CDU, UDR e chi più ne sa ne metta.

Dopo quasi vent’anni i nostalgici (definiti da molti i combattenti e reduci) tentano di riaggregarsi e di far rientrare la diaspora. Ma con quanto successo ?

Un primo tentativo di ricomposizione era stato tentato con la federazione DC e Popolari presieduta dall’on. Peppino Gargani. Avevano partecipato una cinquantina di associazioni, movimenti, gruppi, gruppuscoli e partitini. L’obiettivo far nascere un nuovo centro politico che raccogliesse cattolici popolari sparsi. Ma qualcuno mise un bastoncino tra le gambe dell’iniziativa, giunse il NO degli amici di Rotondi e Cesa. Poi altre iniziative, l’elezione di segretario della DC, prima Fontana e poi Grassi e infine Toto Cuffaro. Poi altre, quella del Parco dei Principi e infine a Roma la recente al teatro della parrocchia di San Lorenzo in Lucina per iniziativa di Bonalberti, Tassone, Tucciariello, Fiori. Alla riunione Publio Fiori si da assente, senza darne una motivazione attendibile.

Se dovessi elencare tutte le iniziative per il rientro della diaspora e/o la costituzione di un nuovo partito, dovrei allungare di molto questa cronaca degli eventi.

Dobbiamo renderci conto che oramai siamo ad una svolta epocale. I partiti d’oggi sono superati e vincono (momentaneamente) solo iniziative di protesta vedi grillini e sardine.

Dobbiamo tornare alla formazione e crescita politica. Alla scuola di partito. Al reclutamento di giovani che possano essere interessati alla politica, partecipando a corsi di formazione. Far conoscere la nostra storia, quella dei cattolici popolari e l’attualità oggi di Don Luigi Sturzo.

Noi ci stiamo provando riaccendendo le speranze con la creazione della nuova CAMILLUCCIA, la scuola via piattaforma WEB che possa far crescere e responsabilizzare quanti interessati al recupero di quei valori calpestati e abbandonati.

“LIBERI E FORTI”




 

Un possibile programma Sturziano:

di Pasquale Tucciariello

Ma la Chiesa Cattolica vuole ancora dare forma alla comunità italiana e quindi alla politica italiana, giacché è particolarmente l’iniziativa politica, e non certo quella esclusivamente culturale, che determina scelte e cambiamenti decisivi? Tutto lascerebbe supporre che invece essa affermi la sua debolezza, resa tale da eccessive secolarizzazioni di sacerdoti e di fedeli i quali anziché reagire a tanto lassismo e, diciamolo pure, a tanta dittatura di talune minoranze in veste di arcobaleni, di girotondi, di ambientalismi, di sardine, si lasciano trascinare dalle mode del tempo corrente in ciò negando se stessi e la stessa mission. E se tornasse tra noi un novello don Luigi Sturzo, intendo un sacerdote colto e anche come lui determinato? Mettiamo che la Santa Sede autorizzasse un sacerdote che volesse mettersi alla guida, con altri laici, di un movimento politico, immaginiamone i percorsi, e proviamo a progettare con lui le strade possibili, o almeno diamone elementi programmatici. Anzitutto una premessa: c’è un problema di prospettive. Qual è la prospettiva culturale che anima ogni iniziativa politica di matrice cristiana? Chi siamo noi è certo. Ma dove vogliamo andare dovremmo definirlo almeno nei suoi più essenziali contenuti. a) Porre la persona al centro dei processi economici e scientifici e liberare l’agire economico e scientifico dalla dittatura della tecnica come anima razionale del mondo. b) Attuare la civiltà del Cristianesimo e rendere inseparabili fede e ragione, fede e cultura, fede e tecnica, fede ed economia, fede e politica. c) Rafforzare l’identità cristiana dell’Italia per rendere possibile l’identità cristiana dell’Europa. d) Rimuovere le cause che producono atteggiamenti relativistici e nichilistici per favorire invece libertà, democrazia, dialogo, responsabilità, riconoscimento della famiglia intesa come luogo primario di affetti, di educazione. L’ideologia gender, assolutamente minoritaria e la sua pretesa di legittimare le unioni omosessuali giuridicamente e moralmente con tutte le sue derive pericolose per la comunità italiana a trazione cristiana, non imponga alla stragrande maggioranza un suo status interno. d) Realizzare l’idea di giustizia come bene, di libertà come bene, di economia come bene, di studio come bene, di formazione come bene, di lavoro come bene. Ogni attività umana è intesa come bene, per il singolo nella sua straordinaria libertà- possibilità-capacità di produzione in senso lato e per la comunità che se ne avvantaggia. e) Lo Stato nelle sue varie ed articolate espressioni vigili sulle libertà dei singoli ed intervenga in tema di sopraffazioni e di violazioni del corretto vivere civile. Lo Stato faccia crescere e sviluppare. Lo Stato e la società non siano di freno alla libera iniziativa dell’individuo. Lo Stato faciliti la felicità nei suoi cittadini. Ieri, don Luigi Sturzo (1871-1959), si impegnava per realizzare un’alternativa cristiana al socialismo prima e al fascismo dopo. Oggi, si impegnerebbe per realizzare una alternativa alla razionalità della tecnica con i suoi esiti relativistici e nichilistici. Per realizzare i beni comuni, ideali e pratici. E in assenza di un nuovo don Sturzo o di un nuovo De Gasperi che indicassero idealità antropologiche possibili? Il deserto. Questo deserto. Pasquale Tucciariello, Centro Studi Leone XIII.

Ci vuole una politica nuova

PERCHÉ L'IDEA POPOLARE...

"L'Idea Popolare", il periodico che Sturzo pose a sostegno del Partito Popolare, torna in vita perché l'attuale crisi antropologica, sociale, economica e politica chiama i Cattolici ad un impegno per dare un nuovo significato alla nostra società globalizzata, nichilista, individualista, indifferente e sempre più assoggettata ad un "capitalismo finanziario" che fa crescere le diversità, la disoccupazione, le povertà, limita gli spazi della democrazia e determina una deriva dei valori etici

Il primo Numero del 1926

Ci vuole una politica "nuova" che dia speranza soprattutto ai giovani: che sappia cogliere le loro attese e loro aspettative, che sia in grado di dare una forma politica ai loro slanci, alle proteste e alle proposte e che garantisca loro i diritti fondamentali previsti dalla nostra Costituzione. Anche le recenti elezioni hanno testimoniato 11 progressivo distacco della gente da partiti che hanno smarrito quella visione alta della società fondata sul bene comune e sui principi costituzionali di rispetto degli inviolabili diritti naturali e dei valori di comunità, solidarietà, sussidiarietà, partecipazione e giustizia sociale; nonché del dovere dei cittadini di concorrere al progresso anche spirituale della società. I cattolici debbono accettare questa sfida. Anche perché la nascita di diverse DC (ognuna delle quali ha rivendicato di essere l'unica erede della DC storica) non ha portato ne l'unità politica dei cattolici, né ha dato risultati elettorali significativi. Quindi i cattolici non sono rappresentati in Parlamento, salvo quei pochissimi amici che hanno trovato cortese ospitalità a titolo personale in diversi partiti (chi a destra, chi a sinistra) con una ulteriore frammentazione di quella grande esperienza politica. E' ora di tornare al "Popolarismo" Sturziano. C'è l'esigenza di una costituente per un nuovo soggetto che abbia un forte profilo identitario fondato su questi principi. Senza personalizzazioni e con organi collegiali eletti, capaci di nuove iniziative da rappresentare con passione e nuovo partito aconfessionale, democratico, popolare, generosità. Un nazionale, autonomo dai due poli e con una identità ispirata ai valori del cattolicesimo politico presenti nella Costituzione. Che abbia un significato "sovversivo" rispetto ai populismi che sono "gabbie" di insoddisfazioni, di demagogie sfrenate e di rabbia fuori controllo. Un partito che si collochi al Centro dello schieramento politico non come posizione "opportunistica", ma per la capacità di cogliere i "problemi centrali" dell'attuale momento storico. Non dobbiamo rassegnarci alla decadenza, ma impegnarci perché "la modernità" vada interpretata secondo una Tradizione che non sia ridotta a pensiero conservatore ma al contrario consista di ripensare nella libertà e nella contemporaneità i principi che abbiamo ricordato.

Non Voto, il racconto di un elettore mancato.

                                                                                                                                                                                               di Marco Maria Polettini 

Non voto, il racconto di un elettore mancato, astensionista da anniPerché un Cristiano oggi si sente sempre meno rappresentato dai Partiti, ma soprattutto dai Politici italianiPer cercare di spiegarlo, voglio utilizzare qualcosa che tutti più o meno abbiamo avuto modo di ascoltare, almeno in giovane età: le parabole di Gesù che raccontava il parroco al CatechismoSe si vuole far crescere un seme, che sia quello della cultura, della sapienza, della saggezza o di qualsiasi altra arte & mestiere, si dovrà seminare e seguire la crescita di ogni seme con molta cura, certi che una buona parte dei semi andranno comunque sprecati o dispersiMa se per disperderne qualcuno, sta nel gesto antico del seminatore, quelli sprecati, troppo spesso, lo sono per il cattivo esempio e le cattive gesta e comportamenti del seminatore stessoNella strada della politica, il seminatore è colui che si impegna attivamente, con lealtà ed agendo nel rispetto di profondi principi morali, affinché i singoli semi crescano forti e siano a loro volta di esempio e buoni riproduttori di nuovi semiCon il tempo, il seminatore imparerà a non sprecare nemmeno uno dei semi che avrà a disposizione, col tempo il suo raccolto arriverà al 100%

Rivolgendomi agli attuali politicanti mi verrebbe voglia, immodestamente, di replicarne la conclusioneIl seminatore semina la parolaQuelli che sono lungo la strada, sono coloro nei quali è stata seminata la parola, e dopo averla udita, ecco che subito viene Satana e porta via la parola seminata in loro. A pensarci, più che un discorso su una base religiosa, sembra quello che tutti noi avremmo voluto udire e vedere nelle parole e nei comportamenti dei politici che da troppo tempo sono vittime dell’imbarbarimento di questa civiltà e dei suoi valori sempre più corrotti

Da giovane amavo la politica avendo frequentato il Liceo nei primissimi anni che seguirono il ’68. La voglia di raddrizzare il mondo e riportarlo su binari più umani e cristiani, era in molti di noi. Per molti, i genitori erano un esempio e che le famiglie fossero di stampo patriarcale o matriarcale poco importava, la buona morale, l’onore ed il rispetto per gli altri, l’impegno nel fare bene il proprio lavoro erano dei pilastri educativi inscindibiliIn quegli anni ritenevo doveroso l’impegno civico di conoscere la nostra Costituzione e di seguirne i dettami, certo che in essa fosse racchiusa, magicamente, ogni risposta. Ogni giusta rispostaIl tempo, gli eventi che ho vissuto e visto passare davanti ai miei occhi mi hanno ben presto convinto che la politica non è mestiere per i politici, i buoni seminatori, ma lo è per i politicanti. Politicanti che elezione dopo elezione si sono trasformati in persone senza valori e senza morale. La loro personale bramosia di denaro, potere, corruzione e pubblici riconoscimenti è cresciuta a dismisura ed oggi ne vediamo e ne subiamo i risultati. Studiamo, lavoriamo, ci impegniamo per costruire una famiglia che possa posare su solide basi e su una “vigna” che possa dare i suoi frutti, ma poi arrivano i vignaioli che la invadono, la occupano, la espropriano. Ma io non mollo, aspetto un raggio di luce, del quale dubito fortemente, ma intanto NON VOTO!

PER L'UNITAPOLITICA DELL'AREA POPOLARE 

In un momento delicato della vita italiana, a 103 anni dall’Appello di don Luigi Sturzo aiLiberi e Forti“, donne, uomini, anziani e giovani che credono nei principi e nei valori della dottrina sociale della Chiesa e che ritengono doveroso e necessario impegnarsi politicamente per ridare una speranza alla politica italiana, chiedono a tutte le persone impegnate sul piano sociale, culturale e politico di area cattolico- democratica e cristiano- sociale di superare definitivamente la lunga e dolorosa stagione delle divisioni e di ritrovarsi uniti nell’area popolare italiana

LA GRANDE TRADIZIONE STURZIANA E DE GASPERIANA CON LE ENCICLICHE SOCIALI 

Siamo eredi della grande tradizione sturziana e degasperiana che ha rappresentato nella politica italiana uno straordinario fattore di progresso, permettendo al nostro Paese di trasformarsi da terra poverae di dolorosa emigrazionein un’area tra le più industrializzate del mondo
Facciamo riferimento a principi e valori che si basano sul primato della Persona e della Famiglia e sulle realtà associative che, operando in ambito sociale, economico, culturale e politico, intendono continuare la nostra tradizionale voglia di fare insieme, anche ricorrendo agli strumenti più avanzati delle moderne tecnologieIntendiamo costruire un movimento di ampie convergenze, capace di superare antiche e nuove divisioni per ritrovare, nei valori del popolarismo le ragioni del nostro impegno politico. Intendiamo tradurre nella città dell’uomogli orientamenti pastorali espressi dalle encicliche sociali della Chiesa: dalla Rerum Novarumalle Caritas in veritate“, “Laudato SIe Fratelli tutti“. Esse sono le più credibili e avanzate risposte ai limiti della globalizzazione, che ha determinato il primato della finanza sull’economia e la riduzione della politica a un ruolo subordinato ai poteri finanziari dominanti

L’EUROPA DEI VALORI 

Siamo impegnati per la costruzione di un’Europa dei valori, unita, aperta, diversa e più umana, che tragga linfa vitale dalle sue radici cristiane e dalle libertà civili, all’interno della quale le peculiarità e le particolarità regionali e locali possano lavorare insieme per il benessere di Tutti. Un’Europa che riaffermi il contrasto con ogni forma di totalitarismo e di aggressione, come linaccettabile e disumana invasione russa in Ucraina dove l’Europa deve far sentire la sua voce per chiedere l’avvio immediato di un processo di pace, nel rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale così pesantemente violatiCrediamo nel libero mercato e nella libera concorrenza che sono alla base di un welfareche sappia, però, coniugare e integrare in modo equilibrato libertà e responsabilità personali, sviluppo economico e solidarietà sociale. Siamo consapevoli dei limiti di un sistema capitalistico incapace di garantire l’obiettivo per noi irrinunciabile di disoccupazione zero“, raggiungibile solo con una profonda trasformazione dell’attuale sistema e livello interno, europeo e internazionale secondo i principi del solidarismo cristiano e dell’economia civile

Siamo contrari alla ideologia gender, alla carriera alias nelle scuole, al cambio di sesso per minori e all’opposizione alla libertà educativa dei genitori; e a tutte le politiche che assecondano i desideri, gli istinti, le mode contro il diritto naturale, anziché guidare la società secondo valori condivisi

LA POLITICA FISCALE E DEL LAVORO 

Intendiamo proporre e sviluppare un programma di politica attiva del lavoro non slegato da riforme fiscali e del cuneo contributivo. Riteniamo utile, sia per il gettito fiscale che per un forte segnale di giustizia sociale l’introduzione di un Tributo straordinario sui grandi patrimoniPoi l’inserimento di una pensione autonoma integrativa legata a quella previdenziale pubblica; uguaglianza contrattuale uominidonne, pubblica e privata con contratti regionali e specialistici; governare le differenze fra imprese piccole e grandi; regime fiscale sulle plusvalenze delle grandi imprese; modello scolastico inclusivo performante il lavoro con libertà d’insegnamento; per certi aspetti tributari il lavoro del politico equiparato agli altri; diritti e doveri hanno lo stesso peso sociale e civilePerequazione delle pensioni; reddito sociale minimo alle famiglie dopo severi controlli sullo stato di bisogno e limitato nel tempo; lavori di pubblica utilità e servizio assistenza a chi percepisce un reddito vitale; ripristinare una scuola inclusiva con l’educazione civica; tariffe e canoni in base al reddito; sanità, scuola e lavoro uniche voci dello Stato (non delle macroregioni) che possono essere in rosso o possono creare debito pubblico; più controlli preventivi e a valle con più forze dell’ordine per strada e in luoghi pubblici per un effettivo controllo del territorio

LA GIUSTIZIA 

Chiediamo una Giustizia a misura del cittadino e non del magistrato; veloce, certa, equa; separazione drastica delle carriere; autogoverno dei magistrati composto da più laici e meno togati; eliminare il legame fra politico e magistrato. Nessun rientro di carriera per chi fa il politico; sanzioni esemplari per fuga di notizie e veline di atti processuali di chiunque; carriere certificate con parametri pubblici; nuovo processo penale, carceri più vivibili, più sanzioni amministrative e servizi sociali al posto delle pene lievi, certezza assoluta e nessuna discrezionalità della sentenza definitiva per i reati gravi

LE SFIDE DA AFFRONTARE: ECOLOGIA, POLITICA SOCIALE, RISANAMENTO TERRITORIALE, ACCOGLIENZA, FISCO

La sfida che ci pone il nuovo scenario ambientale a livello planetario, richiede il nostro impegno per tradurre nella politica italiana ed europea gli orientamenti pastorali della Laudato SIpartendo da una grande piano per sostenere la diffusione capillare delle nuove energie solari e fotovoltaiche e per la sistemazione idraulico forestale dell’Italia, Paese di inaugurazioni e non di manutenzioni

Chiediamo al governo di predisporre un piano economico nazionale socialecivile- vitale legato alla sussidiarietà attiva, sociale, civile, sussidiaria ecologica ambientale; deve essere prioritaria in ogni esercizio e campo al posto di quella solo monetaria e finanziaria; ritorno alla economia reale in certi settori, chiudere le delocalizzazioni d’imprese, controllo e tassazione delle mega rendite finanziarie, dei titoli derivati e della gestione patrimoni e assicurazioni da reinvestire nel sociale con la transizione ecologicaServe predisporre un grande progetto integrato da più funzioni per i 2/3 del territorio italiano montano/collinare più vulnerabile, svantaggiato, difficile, abbandonato che può crollare a valle, ma anche premiato e autentico patrimonio culturale paesaggistico nazionale, che ha in se già milioni di posti di lavoro e fare in modo che ritornino gli occupati a fare impresa e servizi: dalle scuole ai pronto soccorsi, dalle regimazioni idrauliche all’antropologia di servizioNon ci sottraiamo all’esigenza di una politica dell’accoglienza che non si limiti a sollecitare l’Europa a fare la sua partePerché siamo stati anche noi emigranti (negli anni tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 furono 20 milioni gli italiani che varcarono l’oceano per sfuggire alla fame e alla disoccupazione); e poi perché la nostra tradizione etica, religiosa e civile non ci consente di volgerci dall’altra parte

QUALE PRIMATO DELLA POLITICA 

Riconosciamo il primato della politica come momento di sintesi ideale e come luogo di rappresentanza reale dei bisogni diversi e diffusi; una politica che rifugga da inutili conflittualità personalistiche e di parte e che riassuma i valori del popolarismo inteso come diretta partecipazione della Personacittadino alla costituzione del suo futuro e dei suoi Figli. Siamo convinti assertori di un sistema elettorale proporzionale con preferenza unica, superando l’attuale sistema che ha sin qui prodotto frammentazione partitica e trasformismo parlamentare, riducendo il sistema a una contrapposizione forzata tra aggregazione elettorali incapaci di garantire efficace governabilitàLa politica non deve essere esclusivamente strumento per vincere le competizioni elettorali, ma deve agire per salvaguardare e costruire anche gli interessi delle generazioni future

LA RICOMPOSIZIONE DELL’AREA POPOLARE: FINE DEL COMPROMESSO STORICO

Viviamo l’autonomia locale come forma di massima libertà, esaltando la partecipazione responsabile nel rispetto del principio di sussidiarietà. Una sussidiarietà che deve riguardare non solo le istituzioni, ma anche il rapporto tra queste e la società civile: ciò che può fare meglio il cittadino, singolo o associato, non deve essere fatto dalle istituzioni pubbliche

Senza alcuna nostalgia di un passato, pure carico di indiscutibili positività, crediamo sia giunto il momento di unire tutte le energie locali, provinciali, regionali e nazionali, affinché la nostra cultura politica torni ad essere rappresentata nelle istituzioni italiane e europee

In una chiara posizione autonoma e di Centro, distinta sia dalla Destra che dalla Sinistra, per la diversità e l’inconciliabilità dei valori di riferimentoUn’azione capillare di promozione del dibattito culturale e politico su tutto il territorio nazionale sarà attivata per favorire la più ampia partecipazione dei cittadini e delle associazioni che intendono dare il loro fattivo contributo per la ricomposizione politica dell’area popolareBen consapevoli che la linea politica adottata dal PD con la nuova Segreteria, con l’esaltazione dei c.d. diritti civili (espressione di permissivismo, relativismo ed egoismi) rompe definitivamente con la strategia di Gramsci, Togliatti e Berlinguer fondata sull’intesa con i cattolici nel rispetto dei nostri valori.

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La mosca al naso

I CATTOLICI COMODIE QUELLI SCOMODI: LE QUATTRO EMERGENZE 

La realtà è che i cattolici, quando si sottomettono alle logiche dei partiti aggregandosi dove gli viene riconosciuto uno scampolo di potere, sono ben accolti (è il prezzo del loro silenzio); anche se poi, alla prima occasione, vengono cestinati. Quando, invece, puntano a ricomporre un movimento ispirato ai principi di riferimento diventano scomodi e si tenta in tutti i modi di impedir loro di tornare a battersi per un progetto sociale in linea con quei valori della Tradizione così come recepiti dalla CostituzioneEcco perché i cattolici scomodidebbono recuperare una comune matrice politica che consenta la formazione di un programma ispirato a quei principi costituzionali che garantiscono i diritti della persona (sovranità, partecipazione, rappresentanza, dignità, libertà, diritti naturali, solidarietà, sussidiarietà, lavoro, famiglia, ecc. ecc.) la cui centralitàrimane il punto d’incontro tra Costituzione e CattolicesimoPerché non dobbiamo dimenticare che i cattolici costituentihanno lasciato una impronta indelebile sulla Carta costituzionale e che spetta a noi di recuperare nel governo del Paese per superare le attuali emergenzeper offrire E sulla base di tale improntadobbiamo mettere insieme una nuova Camaldolial Paese un progetto, prima culturale e poi politico, in grado di affrontare le quattro emergenze: eticomorale, istituzionalerappresentativa, sociale e delle infrastrutture (materiali ed immateriali)Per una nuova visionedell’intero sistema Paese

 

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